3 Opel nel Sahara - 11 - Da Ain Guezzam a Arlit

21-12-2008



Giovedì, 31 luglio 1986


All’alba i locali vengono a cagare e pisciare tutti nello spiazzo vicino a noi. Romantico risveglio!

Partenza alle 7 per Assamaka: 30 km. di sabbia. Ci mettiamo 20 minuti e va tutto benissimo.

Ad Assamaka dogana e police nigerine: ci fanno scaricare tutto  per controllare. Dobbiamo fare un “carnet de passage” per le auto (con un noioso che vuol fare l’interprete e non capisce niente), e dopo ci laviamo al tubo d’acqua solforosa che c’è lì vicino. Ci stiamo 2 ore e mezza e fa sempre più caldo.  In lontananza l’orizzonte appare tremolante di miraggi.



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Bevuta di bibite fresche alla buvette: caro, paghiamo in franchi f.
  


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Poi, partenza per Arlit: tutta pista ben balisée ( 1 balise al km.), ma poi perdiamo 5 balises (deve essere una nuova deviazione).

Bruno M. si infogna in un mare di sabbia quasi all’inizio, noi crolliamo dalle carreggiate in tempo utile per non smentirci: all’una e mezzo disinsabbiamento sotto il sole. Da morire! Quanto ci avremo lavorato! Non si sa. Gli ultimi 20 km. sono così piatti da essere angoscianti. Non c’è niente di  niente. Attraversiamo con le nostre auto laghi inesistenti.


  
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Poi, miracolosamente, un albero.


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Intanto noi, con gli ammortizzatori completamente scarichi, prendiamo testate e la tole ondulée di sbieco (dove si riesce). Terribile, si deve andare a 15 km. all’ora.

Poi gli alberi aumentano un po’, ma all’orizzonte si profila minacciosa, insieme alle tetre miniere di uranio, una tempesta di sabbia. E’ tutto nero.


  
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Di corsa, di corsa, ci aspetta il goudron. Ma ecco che dopo le miniere si scatenano vento, pioggia, acqua rossa come la terra: non si vede più niente, solo rosso. La strada, in città, è un pantano rosso, misere costruzioni ai lati, rosse anche loro, con gente fuori che vende qualcosa: sigarette, biscotti, brochettes, carne arrostita.


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Andiamo all’Hotel, dove beviamo coca cola a volontà e mangiamo brochettes. Una allucinante musica da discoteca ammorba l’aria. E così dal mondo del silenzio di In Guezzam siamo nel fracasso di Arlit, dal mondo del vento asciutto a quello della pioggia, dal giallo della sabbia al rosso della terra, dalle donne avvolte nel nero a quelle multicolori: è un’aggressione continua, acustica e visiva.

E intanto piove, e tira vento. Spuntano i keyway, che solo poche ore prima sembravano un’assurdità.

Alla police ci prendono i passaporti, alla dogana ci chiedono se abbiamo fatto le formalità ad Assamaka, poi, la solita bagarre: corri di qua, corri di là, a fare l’assicurazione per l’auto (ma ce la daranno domani perché mancano 10 minuti all’ora di chiusura: 18,30), a cambiare alla banca (ma non abbiamo i passaporti),  cerca il gommista (quello ci serve sempre), cerca il mécanicien (specialità di Bruno M.), sempre sotto la pioggia e con un nugolo di ragazzi che vendono croci, bracciali, anelli, spade e ti tolgono il fiato. Concludiamo parecchi baratti con loro, sono belli questi prodotti dell’artigianato locale, e loro sono attirati dagli oggetti che abbiamo, borracce, ventilatorini a pile, taniche di plastica, ecc.. Vorrebbero persino le tavole di truciolare che abbiamo sulle macchine (i nostri letti), ma quelle ci servono ancora. Facciamo persino involontariamente un bidone ad un poveretto che, in cambio di uno pneumatico, ci dà una bellissima lancia tuareg. Il giorno dopo, al mattino presto, ce lo ritroviamo davanti all’albergo, seduto sulla gomma, che ci aspetta: non c’eravamo accorti che la gomma aveva le tele interne distrutte, e quindi era inutilizzabile. Rimediamo con “un petit peu d’argent”, con qualche altra baracca, e con le nostre scuse.

L’albergo è bruttino, ma caro, scarafaggioso e tetro. Andiamo in cerca di un ristorante, ne troviamo poi uno, dove ci fanno aspettare due ore (sono andati a comprare le cose da cucinare) e, seppure forse in buona fede, ci turlupinano coi piselli a 500 franchi c.f.a.

Poi finalmente ce ne andiamo a letto (dopo una doccia fatta nell’unica agibile), dopo aver tentato di parcheggiare le auto davanti alla police per sottrarci all’avidità del custode che chiede 12.000 lire per guardarle (dobbiamo risparmiare, i soldi se ne vanno come niente). Ma la police non ci sta e le rimettiamo sotto all’hotel.



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