17-08-2010
28/12/1984 Venerdì
Sveglia alle 7 (e la sveglia delle 6,15 per vedere l’alba non ha suonato?). Poco male: il cielo è nuvoloso. Che piova sul deserto? Che sia l’ora della tempesta di sabbia?
Foto, ancora foto. Pic riscìa ed è tutto contento: è 10 anni che aspetta questo momento!
Oggi si ricambia auto: l’autista, Bagur, è un po’ scorbutico perché ha male dappertutto ed è contrariato all’idea, ma poi ci ospita. Siamo con Ettore, Lina e Giovanna e alle 9 si ricomincia il viaggio. Le dune scompaiono, ma ci sono tante zucche per terra, il cielo è sempre nuvolo. Gli orizzonti si ampliano, mutano, sempre più affascinanti: c’è sempre meno roba e più atmosfera.
E poi i miraggi! Anzi no, prima c’è la sosta, dopo una mezz’oretta di viaggio, per la legna! La spaccano con un’ascia rudimentale e con le pietre, in uno scenario maestoso: rocce, sabbia e cielo. C’è il solito uccellino bianco e nero. Servizio fotografico sullo spaccalegna Boujà.
Dopo, i miraggi!
Mangiamo sempre datteri: sarà per questo che siamo un po’ stitici?
Qualcun altro scrive un diario. Bisogna segnare il ritrovamento di ossetti di antilope (forse) e di un cornone di muflone. Verso le 12 ci si ferma a Tin-Agiurà, un anfiteatro di rocce stratificate, con sabbia e sassi. Le guide al solito si defilano e mangiano: ma mangiano, poi? Pranzo succulento: pane, formaggio, datteri e arancia; adesso ce la vogliono ficcare liofilizzata anche nell’acqua. Non mi piace molto. Alla mezza ci sono 32° C. Siamo in maglietta; potersi togliere ‘sti scarponi! I piedi bollono, ma fino a due orette fa si stava bene col maglione. Qualcuno sta dicendo che i Tuareg sono fieri e nobili nei loro gesti: è vero. Che puzzino ormai non lo sentiamo più, che abbiano allergie varie non a tutti lo fanno vedere. E sono belli.
Scalatina sui bastioni e cagatina: Berti fa lo stronzo in tutti i sensi, insozzando di nastri di carta igienica quelle meraviglie del creato. Si ridiscende, e passiamo dall’altra parte. Lezione di fotografia con Pic. Alle 14 le guide hanno una pensata: non si sa bene perché, ma fanno togliere qualcosa dal tetto della nostra auto per metterlo dentro. Boh!?!
Raccolta la prima sabbia: peccato, ne ho già perse due, quella rossiccia di ieri e quella dell’altro ieri. Scoperto il perché: devono metterci la legna (e sì, c’è sempre un perché in quello che fanno). Fatta la legna, si riparte per il Tassili dell’Hoggar: il paesaggio cambia sempre, sempre più bello, c’è tanta sabbia, sempre di più e le rocce si fanno più rare, ma più strane e maestose.
Ci insabbiamo due volte, la prima senza conseguenze, la seconda ci obbliga ad andare a piedi per un pezzetto, in mezzo a una bellissima sabbia, fech-fech.
Il Tassili dell’Hoggar è favoloso, con enormi massi fra sabbia d’oro: miracoli di equilibrio di giganti sospesi sul nulla, corpi di elefanti su zampette di gazzelle. Foto di gruppo sotto l’arco nella roccia.
Sosta per la notte a Youfiakit. Giorgio ha mal di stomaco perché ha bevuto troppa amuchina dalla borraccia di Beppe il cassiere, ma sale eroicamente con noi sulle dune per il tramonto, che però non pare un granché.
La cena si vorrebbe grandiosa. Ginetta pensa all’amatriciana per i “bimbi” e intanto si fanno lessare nell’acqua della futura pasta delle patate, in bilico su un mucchio di sassi e legno, su un toboga di sabbia. Estratte le patate, nonostante i generosi tentativi di Doro, Ettore e qualcun altro, crolla miseramente tutto: addio spaghetti! Il sugo ce lo mangeremo col pane, con poi formaggio e …. datteri! Ma sì, datteri. Dopo cena giochini vari per fare arrivare le 9, almeno. Poi, la passeggiata sulle dune sotto la luna, a mezzaluna capovolta. Stelle cadenti belle e varie quanto mai. Vediamo finalmente la stella Polare, invano cercata per tante notti, un pezzo dell’Orsa Maggiore, Orione e Cassiopea. Notte più coperti. Niente freddo.
continua ............