06-07-2008
Giovedì, 17 luglio 1986
L'alba del giorno dopo ci sorprende pieni di sonno, ma bisogna partire presto, perchè ci aspettano 430 km. di pista terribile per arrivare a Djanet e anche perchè l'autorizzazione della gendarmeria a percorrerla scadrà tra due giorni, al termine dei quali, se non ci presenteremo alla polizia di Djanet, partiranno i fonogrammi per dare inizio alle ricerche. Ma a giudicare dalle fotografie dei dispersi, che ci fanno vedere esposte nelle gendarmerie, sembra con scarsi esiti!
Non incontriamo nessuno, tranne un camion in panne, abbandonato, su questa pista di montagna. Non ci sarà il pericolo di perderci, ma di perdere le auto - o qualche loro pezzo - sì, perchè questa pista, che affronta l'altopiano del Fadnoun, evitata accuratamente da tutti i camion che provengono da nord per la sua estrema difficoltà, è terribile, tutta buchi e rocce (la sabbia, nel Sahara, copre solo il 18% del territorio), con salite e discese vertiginose. Impiegheremo 13 ore per percorrere solo 175 km., alla straordinaria media di 13 km. all'ora!
Terminiamo la giornata con un insabbiamento al buio e poi, stanchi morti, ci cuociamo la solita minestrina liofilizzata. Ne mangeremmo a litri: abbiamo un enorme bisogno di liquidi, e tutti gli altri cibi che abbiamo in “dispensa” , tonno, sardine, carne in scatola, ecc...... ci fanno schifo. Anche la frutta è fondamentale: e quando ne troviamo, e se ne trova poca, è una festa. Ci vengono ancora i brividi al pensiero dei piccoli, succosi meloncini, divisi religiosamente in sei fette!
Con la luce dell'alba controlliamo i danni meccanici: le coppe dell'olio sono salve (sono il nostro incubo, prive come sono di protezioni), gli ammortizzatori sono così così, solo le marmitte sono state tartassate senza pietà!
...............................continua............................