I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 4

14-08-2010



27/12/1984 Giovedì


Sveglia alle 7 con un freddo cane. Frettolosa colazione a Tamenkrest per andare a vedere le polle d’acqua e così vediamo anche noi, finalmente, il posto: molto bello, sabbia fra le rocce. Le polle sono fra rocce tipo Alcantara, ma chiare, e abbastanza inclinate. Quasi tutti si lavano. Io sto saldamente ancorata ad un lastrone. C’è il sole.



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Verso le 9,30 si parte, col solito affanno del recupero auto: oggi ci tocca Bouià, un tuareg signore, tutto blu e azzurro, molto bello, ma certo che senza turbante ci perdono un po’ (ne ho visto uno, forse era Ahmed). Speedy-Mohamed è stato rumorosamente ammonito e viaggia in coda, incazzato e per sfogarsi tiene a tutto volume musiche autoctone: i passeggeri non ne possono più. Sosta lunghetta al posto del giorno prima, dove vediamo passare carovana di tedeschi con cammelli e a piedi: qualche auto va a fare acqua e noi ci avventuriamo in un povero villaggio tuareg, con mamme e bimbi che ci accolgono un po’ sull’allarme, ma cordiali. Tra le misere capanne troneggia, coperta da una stoffa, una vecchissima Singer. I bimbi sono neri neri e le mamme anche, ma i bimbi hanno quasi tutti gli occhi cisposi: ci vendono un gri-gri di lana fatto da loro per 10 D. e regaliamo qualche caramella. Poi ci seguono alle auto e si prendono un’arancia e il più grandicello chiede qualcosa per gli occhi per un’altra bimba. Allora Ettore si prepara a mettergliela. Poveri bimbi: stanno lì nelle sue mani come un rassegnato e speranzoso paziente in quelle di un grosso nome della medicina. Fanno qualche smorfia, perché gli brucia, ma non si muovono, stoicamente. Doro li pulisce con dei fazzolettini. Stanno lì e ci guardano, con le loro arance e i loro begli occhietti tutti rovinati, vestiti in strani modi: chi di qualche assurdo pagliaccetto di lana, chi di qualche tunichetta.


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 Partenza e sosta verso le 12,30 in un bel posto, deserto sabbioso con qualche grande acacia che ci offre ombra per il pranzo, che oggi prevede formaggio, pane, datteri, arance e, udite udite, del salame. Sosta fino alle 2 con un sole incredibilmente caldo, con 32°. Si riparte e il paesaggio è sempre più bello, vario, sabbia, rocce, steppa misera, zucche rotolanti, ma sempre così spazioso e grandioso. Vediamo anche una grande duna nera.



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 Il tocco finale è una splendida duna, bella, enorme, a semicerchio, il cui cratere centrale ci accoglie per la cena e per la notte. “Superbe”, dice Bouià. Fantastico! Pic scia al tramonto, Doro al buio pesto: si divertono un mondo.


Dia (12)

Cena con minestrone, naturalmente al buio attorno al fuoco, formaggini Galbani, Berna e cioccolato. Solito giro di grappa e barzellette a iosa (i romani sono irrefrenabili).

Sul campo grava la puzza dei piatti di plastica bruciati.

Notte. Freddo. Siamo a Tin Agula.  



Continua ..............