(Racconto di Alfio Cioffi)
22-08-2006
Stavo lavorando, la solita noia, le solite pecore (ho sentito che le chiamano così), bestie stupide che mangiano e cagano tutto il giorno. Bah, non se ne può più! Per fortuna che ogni tanto mi prendo qualche distrazione che il capo, che mi fa gli occhi dolci, mi permette.
L'altro ieri, ad esempio, ti vedo arrivare una di quelle piccole case, puzzolenti e rumorose, con le ruote, che si ferma in quella zona grigia, in mezzo al prato, dove di solito arrivano gli umani, con le loro scatole su ruote, altrettanto rumorose e puzzolenti. Bene, vedo scendere due umani, un maschio e una femmina (gli umani non ho ancora capito come si chiamino: le pecore le chiamano sempre pecore, quelli invece si chiamano con nomi sempre diversi. Una confusione!!!) Ad esempio, questi due appena arrivati, si chiamano tra loro Alfio e Mara. Alfio e Mara mi sembrano subito simpatici, mi guardano da lontano con interesse e hanno l'odore degli umani buoni, ma non si sa mai! Per ora la coda continuo a tenerla tra le gambe, è meglio non dare subito confidenza.
Sbircio il capo, che ha già visto tutto e ha capito le mie intenzioni (è molto furbo e intelligente, non per niente è il capo), e lui fa finta di niente. Il bonaccione! Così trotterello fino a raggiungere Mara e Alfio. Che bello, mi accarezzano (dietro alle orecchie mi piace tanto), mi fanno tante coccole, e soprattutto non mi chiamano Bobi. Odio sentirmi chiamare Bobi. Va bene, qui mi chiamano sempre con degli urlacci o al massimo, quando quelli che chiamano pastori non sono incazzati, con un fischio, ! Ma Bobi no!!!!
E invece Mara comincia a chiamarmi Petra: è bello Petra, nessuno mi ha mai chiamata così. E poi dice con una voce così dolce "Petra, vieni qui, hai fame?" E la coda mi scappa, ecco che comincia a muoversi di qua e di là. Ferma, aspetta, non è ancora il momento. Ti ricordi quante legnate ho preso quando già pensavo di potermi fidare?
Però guardo Mara con gli occhi dolci, e lei entra nella casa e esce con dei pezzi di carne. Sai, quella carne piatta, rotonda, con tanti puntini di grasso e con la pelle. Mi piace da uomo! Mangio e lascio andare la coda: faccia pure quel che vuole! E poi mi accoccolo vicino a Mara, lei mi accarezza, mi parla, e io mi sento bene, sono un cane felice!
Intanto il maschio, quello che si chiama Alfio, vedo che ha uno di quei carretti strani, con solo tre ruote, che corrono sempre dietro velocissimi a quegli uccelli tutti colorati che sono infidi. Quando sono a terra sembrano morti, tutti molli, ma improvvisamente si gonfiano e partono come enormi foglie sollevate dal vento. Qui se ne vedono spesso. Però sono strani: quando l'uccello si ferma, perchè anche il
carretto si ferma? Perchè non approfitta del momento per saltargli addosso? Mah! Una volta mi facevano paura, ma ora mi sono abituata a vederli e a stare a debita distanza. Soprattutto quando si posano per terra. Tutti gli altri uccelli lo fanno meglio. Quelli no, sono goffi, non sono ancora capaci: eppure son grandi! Bah, fatti loro!
Voglio godermi questi momenti: Mara è sempre più dolce,
mi toglie dal pelo tutti quei riccetti che non c'è verso a staccarli, ma lei con quelle zampette da umano è molto brava. No, dalla coda no, ce ne sono troppi e mi fai male. E poi è inutile, basta correre dietro a quelle antipatiche di pecore, che si vanno a ficcare in mezzo ai cespugli, che ti trovi la coda di nuovo piena! Mara però è intelligente, ha capito che mi fa male e non lo fa più.
Ci credereste? Ho passato tutta la giornata, fino al tramonto, con Mara. Lei poi ha cominciato a guardare tanti fogli di carta l'uno sull'altro. Sembra che si dica leggere. E io stavo sempre meglio, accoccolata ai suoi piedi, dormicchiavo, ogni tanto la guardavo e anche lei mi guardava, le pecore erano distanti, non le vedevo nemmeno più, il capo non mi aveva chiamato....
Una giornata magnifica. Non ne ricordavo
una uguale.
Poi ho sentito il capo che mi chiamava. Sono corsa via e ho passato la notte con le pecore. Ma al mattino, quando le pecore sono uscite, io sono ritornata vicino alla casa di Mara. Non c'era ancora nessun rumore. Dormivano. Ma dopo poco sono usciti, mi hanno fatto un sacco di feste e mi hanno dato da mangiare: hanno detto che mi davano la colazione. La colazione è una cosa buona: biscotti e latte. Ma non era di pecora.
Un' altra giornata bellissima, come il giorno prima.
E poi, verso sera, sono arrivati tutti. Il mio branco. Il capo con gli altri due. Mi veniva da ridere a pensare a quelle stupide pecore che erano rimaste sole: chissà dove sarebbero andate a ficcarsi!
Il capo intanto mi ha subito pisciato addosso: odoravo troppo di umani!
Ma poi è stato lì buono buono e si son presi tutti la loro razione di cibo. Io guardavo Mara e pensavo: Ma come, ti sei dimenticata di me?
Ma non era così, mi ha subito dato un biscotto e una carezza.
Poi sono partiti. Hanno detto: "Ciao, Petra", e quando gli umani dicono ciao poi se ne vanno.
Li guardavo e pensavo a come sarebbe stato bello vivere con loro. Se loro si fossero fermati lì, nel prato, e fossero venuti a dormire con me, con le pecore, che bello!
Io no, io non avrei potuto vivere in quella casa sulle ruote, su quelle strisce grigie che portano lontano.
E poi le pecore. Sì, va be', sono antipatiche, ma sono le mie pecore, il mio lavoro. Non potrei lasciarle.
La casa si allontanava, ma io ho visto che Mara, laggiù, agitava una zampa e mi diceva: "Ciao Petra".
(foto di Mara Poggi e Alfio Cioffi)