I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 2

02-08-2010


 25/12/1984 Martedì
 

Oggi è Natale, e noi siamo qui per terra, fra i Maruecos: più Natale di così!.... E poi l’allarme: alle 4 è già aperto il check-in per le 6, e via di corsa. Sembra impossibile: abbiamo ore di noia e di stasi assolute e poi all’improvviso siamo in ritardo!

Doro (1) fa colazione (café au lait) nel bar-squalor dell’aeroporto internazionale Boumedienne. Pic, sempre più esausto, dà i biglietti di viaggio e ci trasferiamo al gate: fuori piove, il pleut dans mon coeur comme il pleut sur la ville.

Am gira i bali. Dopo un errore di gate, con relativa corsa affannosa, finalmente si viene a sapere (via tam-tam o chissà per quale miracolo) che da qualche parte l’aereo sta per partire: uscita all’aria aperta: piove, però si respira, finalmente. Partenza alle 6,24: fra le nuvole basse si decolla (i piloti algerini pare prendano poca rincorsa, partono quasi da fermi!) e subito la caramella e poi la colazione (croissant, panino dolce con marmellata di pesca e burro e tè).

Intanto verso le 7 c’è l’alba rossa rossa tra le nuvole. Schiarendosi il cielo un po’, si vedono le prime dune al di sotto: che bello!


(1) Così viene familiarmente chiamato Alfio, dal suo secondo nome Isidoro.


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Alle 7,20 circa, a zero gradi, siamo a El Golea, bella e grande oasi in mezzo al Sahara, piena di palme.

Il Boeing 737 si ferma e si scende proprio tutti nel grazioso aeroporto, ma solo all’aperto, finalmente, dato che i biglietti li abbiamo già.


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Si riparte alle 8,20: altra corsa, altra caramella, il deserto dall’alto è bellissimo, il tempo splendido, la sabbia tanta. Dovremmo atterrare fra un’ora e un quarto a Tamanrasset.


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Atterraggio buono in un’aria fresca e pura, anzi fredda. Primo incontro con dei bei tuareg, altissimi e inturbantati, questi sì che sono uomini blu. Ci sono Toyota in attesa, ma pare che ne manchi una. Un po’ di attesa per i bagagli (qualcuno si è fregato una intera forma di parmigiano dalla cassa viveri) e poi si comincia a caricarli, noi però, perché i bei tuareg non si scompongono.


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Più o meno ci arrangiamo e saliamo in 6 (con noi i romani) più un autistino su una Toyota con il vetro della portiera bloccato. O meglio, il vetro funziona, ma è la manovella che manca. Bisogna usare la manovella dell’altro finestrino!! Trasferimento, con i bagagli cialoccanti (speriamo di non perderli!), a Tam e sosta in piazza davanti all’agenzia; spesa gigante al mercato (50 kg. o 50 frutti?, vuol sapere il venditore incredulo) di arance, datteri, patate, cipolle e pane. Dovremmo non morire di fame. Si mangia anche in una specie di ristorante (pollo e pommes frites), io in piazza “DIVIDO”, dice lui, il mio sacco di patate col Berti, che se le mangia praticamente tutte.


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Abbiamo anche comprato, scritto e spedito cartoline (ufficio postale molto efficiente, con molto personale agli sportelli, dove ti mandano chissà perché avanti e indrè dal 2 al 4).

Si riparte, sempre in 6, noi, e un nuovo autista, inturbantato di verde, autista speedy, che però guida senza patente, solo con la fotocopia, perché dice - tutto fiero - che gliel’hanno ritirata. Benissimo, va tutto bene! Ci precipitiamo verso l’Assekrem, ma la prima sosta è al camping per l’acqua.


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E precipitando, tutto dietro cialocca, l’acqua esce dalle taniche, in 4 dietro non abbiamo bisogno di tenerci. Ma poi l’unica Land Rover è in panne, ha la pompa della benzina che non va, e va avanti a passo di lumaca fino alla fine. Il nostro speedy supera tutti e siamo presto in cima alla colonna.


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Lo scenario è maestoso e bellissimo, ma mi pare di averlo già visto (non devo più guardare i libri prima). A un certo punto tutti dormono: Renato con la testa sullo schienale, Michele sulla spalla di Renato, davanti. Dietro, Andrea sulla spalla di Ginetta, Ginetta sulla mia, Doro sbatacchiando qua e là. Io lotto con i miei occhi per non chiuderli, e ci riesco….. Sempre di corsa siamo all’Assekrem, scendi di corsa e sali all’eremo di Père Foucauld, con superba vista panoramica al tramonto.


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Intanto tira vento e fa un freddo becco. Si ridiscende, dopo l’ennesima foto all’ennesimo panorama. Si torna giù e, sorpresa!, possiamo finalmente mettere per lungo materassini e sacchi a pelo. Beatrice e Rossella crollano in un sonno profondo, ma Rossella non sta tanto bene. Dopo la cena per terra con minestra piccante, lenticchie con una specie di carne, datteri secchi, panettone, alle 20,30 siamo a letto(!), distesi, dopo tante ore di veglia e di stanchezza.


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Dall’altra stanza, però, i soliti Deutsch fanno casino: qualche zittimento e poi Doro parte per il suo numero, ma la porta è chiusa e può solo batterci i pugni e uscire in qualche esclamazione natalizia: infatti dice solo “CAFONI”. Qualcuno aggiunge giustamente “STRONZI”.
(foto di Alfio Cioffi)

............continua................