Martedì 29 luglio 1986
Sveglia di buon ora (5,30) e partenza alle 6,30 in una uggiosa giornata piena di foschia: ricordi di Val Padana.
Subito ricomincia quella tôle maledetta. Senza ammortizzatori, come ormai siamo, è tremenda! Preoccupazione di scassare tutto nei salti. Poco dopo, accendendo i fari, scoperta di un nuovo guaio: l’alternatore non ricarica più. Breve e mirato l’intervento di Alfio, promosso sul campo al rango di meccanico della compagnia. In pochi minuti risolve il problema.
Si riparte, c’è molta sabbia, per fortuna umida e quindi pesante e andiamo piuttosto allegramente.
Vediamo ancora la balise 245, poi comincia un’ampia pista, quella seguita dai camionisti. La prendiamo, convinti di seguire quella principale, balisée, ma vai e vai, di balises non ce ne sono più. La preoccupazione per gli ammortizzatori è ormai dimenticata, è insorta quella di esserci persi. Controllando la mappa, pare che si possa andare avanti. Ma ad un certo punto ecco una balise, in lontananza. Evviva! Tutte le auto hanno un braccio fuori, ad indicarla, e ci dirigiamo verso là. Orrore!! La balise subisce una metamorfosi, prima acquista due basi, poi si muove, poi compaiono due braccia, noo!! E’ un uomo! E’ una allucinazione, è il caldo che ci sta facendo andare fuori di testa, o che? Che ci fa un uomo da solo, a piedi nel deserto?!? E’ un ragazzino, nero come la pece, messo lì a far da palo (e come ci è riuscito bene!) ad un camion in panne più in là, dietro una duna.
Avanti, allora, ‘sta dannata balise la troveremo, prima o poi! Essendo quasi l’una, cominciano gli insabbiamenti: 1-2-3 per noi, e innumerevoli tra tutti. Sfacchinate pazzesche. Non ne possiamo più! Ad un certo punto buchiamo anche, ed è la 4^ volta. Si approfitta della sosta per un pik-nik a base di due meloni (uno piccolo e acerbo, ma va bene anche così).
Si riparte. Verso le 4 e passa le tracce si perdono sempre più, e poi spariscono del tutto. Paura!
Ci consultiamo. Tutti facciamo i coraggiosi, a parole, ma gli sguardi tradiscono l’ansia. Decidiamo di tornare sui nostri passi, sperando di ritrovare una balise. Ognuno tra sé prega che non si alzi il vento. Cancellerebbe le tracce. Siamo quasi sicuri di aver la pista a destra, ma non la vediamo, e tagliare è impensabile.
Altri insabbiamenti. Sempre più demoralizzati, all’idea di tanta strada fatta per niente (120 km. orribili) e soprattutto preoccupati al pensiero di non ritrovare la pista. Però ad un certo punto riconosciamo le buche scavate per disinsabbiarci, e ritroviamo addirittura le bucce dei meloni. Le tracce ormai sono sempre più evidenti, le seguiamo, ed ecco in lontananza una balise.
E’ la 160, plurifotografata. Ma Bruno M. chiude la giornata in bellezza, puntando direttamente su una duna, in preda certo a qualche allucinazione: chissà cosa aveva visto sulla cima!. Noi accorriamo costernati: è quasi buio, come fare per toglierla di lì? Ma ormai conosciamo tutti i trucchi, e al secondo tentativo riusciamo a disincagliare l’auto.
Agnese intanto, rimasta vicino alla balise, ha preparato la “soupe” di aragoste (wow!) per tutti. Che fame! Che sonno! Che stanchezza! Alle 9 siamo tutti super addormentati.