13-12-2007
"Bab El Yemen, la Porta dello Yemen. Al di qua la Sanaa moderna, con i suoi grandi viali, le banche, gli alberghi, il traffico caotico.
Al di là è un mondo diverso e antico che ci assale, in un coinvolgimento totale dei sensi.
Le voci, innanzi tutto, e i rumori, in un fitto brusio che ci risulta incomprensibile, ma forse per ciò stesso affascinante. I colori, le facce, le cose, è tutto un movimento colorato dove anche il nero appare colore, sulle figure eleganti delle donne.
I profumi, gli odori fortissimi, dolci e amari, spezie note ed ignote, incenso che brucia, qualche pozzanghera non proprio profumata. E poi, diciamolo, anche il tatto viene sollecitato. Tra urti e spinte, non del tutto innocenti, quando noi donne rimaniamo strette nella folla. La tensione diviene quasi palpabile (e non solo la tensione, aggiungo io).
Nel suq, meccanicamente intenti ad una eterna masticazione del qat, operano artigiani anche di straordinaria abilità, dalle cui mani escono splendidi gioielli d'argento, pipe ad acqua, cinture ricamate di fili d'oro e d'argento, e preziose jambija, il pugnale ricurvo dalla ricca impugnatura che, quasi segno di virilità, accompagna lo yemenita in tutta la sua esistenza.
L'aggressione della modernità, con le sue truppe di sacchetti di plastica, lattine metalliche, cartoni plastificati, è mortificante in località altrimenti splendide per architettuta e ricordi storici come Jibla, l'antica città santa, con le sue splendide, candidissime moschee."
(foto di Alfio Cioffi)
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