08-08-2010
"Credo che sia giunto il momento di sottoporre a un esame rigoroso il Palio di Siena e altre competizioni in cui creature viventi vengono sfruttate e rischiano la vita per il solo divertimento dell'uomo. E il Palio di Siena, visto quello che accade ripetutamente, non può più considerarsi intoccabile" Lo afferma il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, prendendo spunto dalla morte, durante una prova del Palio, del cavallo della contrada Chiocciola a Siena.
"Da tempo - continuail ministro Brambilla parlando del Palio di Siena - avevo lanciato l'allarme circa le condizioni di pericolosità per gli animali coinvolti in questa ancronistica manifestazione.. E certamente - aggiunge - è stata una giusta decisione non candidarlo a diventare patrimonio dell'Unesco. Una decisione che avrebbe legato l'immagine del nostro paese alla morte violenta di un altro cavallo innocente. Non è questa l'Italia che vogliamo far conoscere al mondo. In ogni caso - conclude il ministro - sono profondamente rattristata per l'ennesimo tragico incidente costato la vita a dun cavallo durante le prove del Palio di Siena".
La sparata del ministro Brambilla, seguita tempestivamente dalla prevedibile smentita, dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, la superficialità di alcuni (??) politici.
Lungi dall'apportare benefici alla lotta contro le manifestazioni incivili, che comportano sofferenze per gli animali, l'exploit della Brambilla ha fomentato la ripresa dei soliti rosari di quei quattro gatti che amano i Pali.
Per rinfrescare la memoria su ciò che accade oggi in Italia, in occasione di queste "manifestazioni", alcune foto:
Questa è una curva "messa in sicurezza", secondo gli organizzatori del Palio di Siena.
Altre foto:
Le probabili conseguenze:
Questo non è un affresco medioevale: è una foto scattata negli anni 2000!
Quando capiremo che questa foto è una straziante accusa di inciviltà?
Link: http://amici-animali.myblog.it/archive/2010/07/03/palio-di-siena-festa-o-mattanza.html
Alcuni video:
Sconsiglio la visione di questi ultimi due cruenti video alle persone particolarmente sensibili:
La mia amara conclusione: la sensibilità, o c'è, o è inutile sollecitarla. Come l'intelligenza, del resto.
Per continuare il discorso, vedi Il Palio di Asti
La ministra Brambilla e il palio
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Ubicazione:
Piazza Il Campo,Siena, Italia
I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 4
14-08-2010
27/12/1984 Giovedì
Sveglia alle 7 con un freddo cane. Frettolosa colazione a Tamenkrest per andare a vedere le polle d’acqua e così vediamo anche noi, finalmente, il posto: molto bello, sabbia fra le rocce. Le polle sono fra rocce tipo Alcantara, ma chiare, e abbastanza inclinate. Quasi tutti si lavano. Io sto saldamente ancorata ad un lastrone. C’è il sole.
Verso le 9,30 si parte, col solito affanno del recupero auto: oggi ci tocca Bouià, un tuareg signore, tutto blu e azzurro, molto bello, ma certo che senza turbante ci perdono un po’ (ne ho visto uno, forse era Ahmed). Speedy-Mohamed è stato rumorosamente ammonito e viaggia in coda, incazzato e per sfogarsi tiene a tutto volume musiche autoctone: i passeggeri non ne possono più. Sosta lunghetta al posto del giorno prima, dove vediamo passare carovana di tedeschi con cammelli e a piedi: qualche auto va a fare acqua e noi ci avventuriamo in un povero villaggio tuareg, con mamme e bimbi che ci accolgono un po’ sull’allarme, ma cordiali. Tra le misere capanne troneggia, coperta da una stoffa, una vecchissima Singer. I bimbi sono neri neri e le mamme anche, ma i bimbi hanno quasi tutti gli occhi cisposi: ci vendono un gri-gri di lana fatto da loro per 10 D. e regaliamo qualche caramella. Poi ci seguono alle auto e si prendono un’arancia e il più grandicello chiede qualcosa per gli occhi per un’altra bimba. Allora Ettore si prepara a mettergliela. Poveri bimbi: stanno lì nelle sue mani come un rassegnato e speranzoso paziente in quelle di un grosso nome della medicina. Fanno qualche smorfia, perché gli brucia, ma non si muovono, stoicamente. Doro li pulisce con dei fazzolettini. Stanno lì e ci guardano, con le loro arance e i loro begli occhietti tutti rovinati, vestiti in strani modi: chi di qualche assurdo pagliaccetto di lana, chi di qualche tunichetta.
Partenza e sosta verso le 12,30 in un bel posto, deserto sabbioso con qualche grande acacia che ci offre ombra per il pranzo, che oggi prevede formaggio, pane, datteri, arance e, udite udite, del salame. Sosta fino alle 2 con un sole incredibilmente caldo, con 32°. Si riparte e il paesaggio è sempre più bello, vario, sabbia, rocce, steppa misera, zucche rotolanti, ma sempre così spazioso e grandioso. Vediamo anche una grande duna nera.
Il tocco finale è una splendida duna, bella, enorme, a semicerchio, il cui cratere centrale ci accoglie per la cena e per la notte. “Superbe”, dice Bouià. Fantastico! Pic scia al tramonto, Doro al buio pesto: si divertono un mondo.
Cena con minestrone, naturalmente al buio attorno al fuoco, formaggini Galbani, Berna e cioccolato. Solito giro di grappa e barzellette a iosa (i romani sono irrefrenabili).
Sul campo grava la puzza dei piatti di plastica bruciati.
Notte. Freddo. Siamo a Tin Agula.
Continua ..............
27/12/1984 Giovedì
Sveglia alle 7 con un freddo cane. Frettolosa colazione a Tamenkrest per andare a vedere le polle d’acqua e così vediamo anche noi, finalmente, il posto: molto bello, sabbia fra le rocce. Le polle sono fra rocce tipo Alcantara, ma chiare, e abbastanza inclinate. Quasi tutti si lavano. Io sto saldamente ancorata ad un lastrone. C’è il sole.
Verso le 9,30 si parte, col solito affanno del recupero auto: oggi ci tocca Bouià, un tuareg signore, tutto blu e azzurro, molto bello, ma certo che senza turbante ci perdono un po’ (ne ho visto uno, forse era Ahmed). Speedy-Mohamed è stato rumorosamente ammonito e viaggia in coda, incazzato e per sfogarsi tiene a tutto volume musiche autoctone: i passeggeri non ne possono più. Sosta lunghetta al posto del giorno prima, dove vediamo passare carovana di tedeschi con cammelli e a piedi: qualche auto va a fare acqua e noi ci avventuriamo in un povero villaggio tuareg, con mamme e bimbi che ci accolgono un po’ sull’allarme, ma cordiali. Tra le misere capanne troneggia, coperta da una stoffa, una vecchissima Singer. I bimbi sono neri neri e le mamme anche, ma i bimbi hanno quasi tutti gli occhi cisposi: ci vendono un gri-gri di lana fatto da loro per 10 D. e regaliamo qualche caramella. Poi ci seguono alle auto e si prendono un’arancia e il più grandicello chiede qualcosa per gli occhi per un’altra bimba. Allora Ettore si prepara a mettergliela. Poveri bimbi: stanno lì nelle sue mani come un rassegnato e speranzoso paziente in quelle di un grosso nome della medicina. Fanno qualche smorfia, perché gli brucia, ma non si muovono, stoicamente. Doro li pulisce con dei fazzolettini. Stanno lì e ci guardano, con le loro arance e i loro begli occhietti tutti rovinati, vestiti in strani modi: chi di qualche assurdo pagliaccetto di lana, chi di qualche tunichetta.
Partenza e sosta verso le 12,30 in un bel posto, deserto sabbioso con qualche grande acacia che ci offre ombra per il pranzo, che oggi prevede formaggio, pane, datteri, arance e, udite udite, del salame. Sosta fino alle 2 con un sole incredibilmente caldo, con 32°. Si riparte e il paesaggio è sempre più bello, vario, sabbia, rocce, steppa misera, zucche rotolanti, ma sempre così spazioso e grandioso. Vediamo anche una grande duna nera.
Il tocco finale è una splendida duna, bella, enorme, a semicerchio, il cui cratere centrale ci accoglie per la cena e per la notte. “Superbe”, dice Bouià. Fantastico! Pic scia al tramonto, Doro al buio pesto: si divertono un mondo.
Cena con minestrone, naturalmente al buio attorno al fuoco, formaggini Galbani, Berna e cioccolato. Solito giro di grappa e barzellette a iosa (i romani sono irrefrenabili).
Sul campo grava la puzza dei piatti di plastica bruciati.
Notte. Freddo. Siamo a Tin Agula.
Continua ..............
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Ubicazione:
Tin Agula, Provincia di Tamanrasset, Algeria
I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 5
17-08-2010
28/12/1984 Venerdì
Sveglia alle 7 (e la sveglia delle 6,15 per vedere l’alba non ha suonato?). Poco male: il cielo è nuvoloso. Che piova sul deserto? Che sia l’ora della tempesta di sabbia?
Foto, ancora foto. Pic riscìa ed è tutto contento: è 10 anni che aspetta questo momento!
Oggi si ricambia auto: l’autista, Bagur, è un po’ scorbutico perché ha male dappertutto ed è contrariato all’idea, ma poi ci ospita. Siamo con Ettore, Lina e Giovanna e alle 9 si ricomincia il viaggio. Le dune scompaiono, ma ci sono tante zucche per terra, il cielo è sempre nuvolo. Gli orizzonti si ampliano, mutano, sempre più affascinanti: c’è sempre meno roba e più atmosfera.
E poi i miraggi! Anzi no, prima c’è la sosta, dopo una mezz’oretta di viaggio, per la legna! La spaccano con un’ascia rudimentale e con le pietre, in uno scenario maestoso: rocce, sabbia e cielo. C’è il solito uccellino bianco e nero. Servizio fotografico sullo spaccalegna Boujà.
Dopo, i miraggi!
Mangiamo sempre datteri: sarà per questo che siamo un po’ stitici?
Qualcun altro scrive un diario. Bisogna segnare il ritrovamento di ossetti di antilope (forse) e di un cornone di muflone. Verso le 12 ci si ferma a Tin-Agiurà, un anfiteatro di rocce stratificate, con sabbia e sassi. Le guide al solito si defilano e mangiano: ma mangiano, poi? Pranzo succulento: pane, formaggio, datteri e arancia; adesso ce la vogliono ficcare liofilizzata anche nell’acqua. Non mi piace molto. Alla mezza ci sono 32° C. Siamo in maglietta; potersi togliere ‘sti scarponi! I piedi bollono, ma fino a due orette fa si stava bene col maglione. Qualcuno sta dicendo che i Tuareg sono fieri e nobili nei loro gesti: è vero. Che puzzino ormai non lo sentiamo più, che abbiano allergie varie non a tutti lo fanno vedere. E sono belli.
Scalatina sui bastioni e cagatina: Berti fa lo stronzo in tutti i sensi, insozzando di nastri di carta igienica quelle meraviglie del creato. Si ridiscende, e passiamo dall’altra parte. Lezione di fotografia con Pic. Alle 14 le guide hanno una pensata: non si sa bene perché, ma fanno togliere qualcosa dal tetto della nostra auto per metterlo dentro. Boh!?!
Raccolta la prima sabbia: peccato, ne ho già perse due, quella rossiccia di ieri e quella dell’altro ieri. Scoperto il perché: devono metterci la legna (e sì, c’è sempre un perché in quello che fanno). Fatta la legna, si riparte per il Tassili dell’Hoggar: il paesaggio cambia sempre, sempre più bello, c’è tanta sabbia, sempre di più e le rocce si fanno più rare, ma più strane e maestose.
Ci insabbiamo due volte, la prima senza conseguenze, la seconda ci obbliga ad andare a piedi per un pezzetto, in mezzo a una bellissima sabbia, fech-fech.
Il Tassili dell’Hoggar è favoloso, con enormi massi fra sabbia d’oro: miracoli di equilibrio di giganti sospesi sul nulla, corpi di elefanti su zampette di gazzelle. Foto di gruppo sotto l’arco nella roccia.
Sosta per la notte a Youfiakit. Giorgio ha mal di stomaco perché ha bevuto troppa amuchina dalla borraccia di Beppe il cassiere, ma sale eroicamente con noi sulle dune per il tramonto, che però non pare un granché.
La cena si vorrebbe grandiosa. Ginetta pensa all’amatriciana per i “bimbi” e intanto si fanno lessare nell’acqua della futura pasta delle patate, in bilico su un mucchio di sassi e legno, su un toboga di sabbia. Estratte le patate, nonostante i generosi tentativi di Doro, Ettore e qualcun altro, crolla miseramente tutto: addio spaghetti! Il sugo ce lo mangeremo col pane, con poi formaggio e …. datteri! Ma sì, datteri. Dopo cena giochini vari per fare arrivare le 9, almeno. Poi, la passeggiata sulle dune sotto la luna, a mezzaluna capovolta. Stelle cadenti belle e varie quanto mai. Vediamo finalmente la stella Polare, invano cercata per tante notti, un pezzo dell’Orsa Maggiore, Orione e Cassiopea. Notte più coperti. Niente freddo.
continua ............
28/12/1984 Venerdì
Sveglia alle 7 (e la sveglia delle 6,15 per vedere l’alba non ha suonato?). Poco male: il cielo è nuvoloso. Che piova sul deserto? Che sia l’ora della tempesta di sabbia?
Foto, ancora foto. Pic riscìa ed è tutto contento: è 10 anni che aspetta questo momento!
Oggi si ricambia auto: l’autista, Bagur, è un po’ scorbutico perché ha male dappertutto ed è contrariato all’idea, ma poi ci ospita. Siamo con Ettore, Lina e Giovanna e alle 9 si ricomincia il viaggio. Le dune scompaiono, ma ci sono tante zucche per terra, il cielo è sempre nuvolo. Gli orizzonti si ampliano, mutano, sempre più affascinanti: c’è sempre meno roba e più atmosfera.
E poi i miraggi! Anzi no, prima c’è la sosta, dopo una mezz’oretta di viaggio, per la legna! La spaccano con un’ascia rudimentale e con le pietre, in uno scenario maestoso: rocce, sabbia e cielo. C’è il solito uccellino bianco e nero. Servizio fotografico sullo spaccalegna Boujà.
Dopo, i miraggi!
Mangiamo sempre datteri: sarà per questo che siamo un po’ stitici?
Qualcun altro scrive un diario. Bisogna segnare il ritrovamento di ossetti di antilope (forse) e di un cornone di muflone. Verso le 12 ci si ferma a Tin-Agiurà, un anfiteatro di rocce stratificate, con sabbia e sassi. Le guide al solito si defilano e mangiano: ma mangiano, poi? Pranzo succulento: pane, formaggio, datteri e arancia; adesso ce la vogliono ficcare liofilizzata anche nell’acqua. Non mi piace molto. Alla mezza ci sono 32° C. Siamo in maglietta; potersi togliere ‘sti scarponi! I piedi bollono, ma fino a due orette fa si stava bene col maglione. Qualcuno sta dicendo che i Tuareg sono fieri e nobili nei loro gesti: è vero. Che puzzino ormai non lo sentiamo più, che abbiano allergie varie non a tutti lo fanno vedere. E sono belli.
Scalatina sui bastioni e cagatina: Berti fa lo stronzo in tutti i sensi, insozzando di nastri di carta igienica quelle meraviglie del creato. Si ridiscende, e passiamo dall’altra parte. Lezione di fotografia con Pic. Alle 14 le guide hanno una pensata: non si sa bene perché, ma fanno togliere qualcosa dal tetto della nostra auto per metterlo dentro. Boh!?!
Raccolta la prima sabbia: peccato, ne ho già perse due, quella rossiccia di ieri e quella dell’altro ieri. Scoperto il perché: devono metterci la legna (e sì, c’è sempre un perché in quello che fanno). Fatta la legna, si riparte per il Tassili dell’Hoggar: il paesaggio cambia sempre, sempre più bello, c’è tanta sabbia, sempre di più e le rocce si fanno più rare, ma più strane e maestose.
Ci insabbiamo due volte, la prima senza conseguenze, la seconda ci obbliga ad andare a piedi per un pezzetto, in mezzo a una bellissima sabbia, fech-fech.
Il Tassili dell’Hoggar è favoloso, con enormi massi fra sabbia d’oro: miracoli di equilibrio di giganti sospesi sul nulla, corpi di elefanti su zampette di gazzelle. Foto di gruppo sotto l’arco nella roccia.
Sosta per la notte a Youfiakit. Giorgio ha mal di stomaco perché ha bevuto troppa amuchina dalla borraccia di Beppe il cassiere, ma sale eroicamente con noi sulle dune per il tramonto, che però non pare un granché.
La cena si vorrebbe grandiosa. Ginetta pensa all’amatriciana per i “bimbi” e intanto si fanno lessare nell’acqua della futura pasta delle patate, in bilico su un mucchio di sassi e legno, su un toboga di sabbia. Estratte le patate, nonostante i generosi tentativi di Doro, Ettore e qualcun altro, crolla miseramente tutto: addio spaghetti! Il sugo ce lo mangeremo col pane, con poi formaggio e …. datteri! Ma sì, datteri. Dopo cena giochini vari per fare arrivare le 9, almeno. Poi, la passeggiata sulle dune sotto la luna, a mezzaluna capovolta. Stelle cadenti belle e varie quanto mai. Vediamo finalmente la stella Polare, invano cercata per tante notti, un pezzo dell’Orsa Maggiore, Orione e Cassiopea. Notte più coperti. Niente freddo.
continua ............
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Youfiakit, Provincia di Tamanrasset, Algeria
I diari di Mara - Viaggio nell'Hoggar - 6
20-08-2010
29/12/1984 Sabato
Oggi siamo di nuovo con Mohamed, ma non è più lui: va piano piano e solo ogni tanto supera i 100; in compenso suona, ma piano.
Colazione anche con marmellata e miele, solito casino dei preparativi e dopo le solite due orette siamo pronti per partire verso le 9-9,30. Fermata subito dopo per un bel legno che affiora dalla sabbia, ma è un tronco intero e desistono. Ancora un pezzetto del Tassili dell’Hoggar, con molta bella sabbia e poi comincia un paesaggio ancora diverso, un’enorme spianata.
Ci avviciniamo alle grandi dune e il paesaggio è sempre più piatto, solo qualche contrafforte all’orizzonte, ma aumentano i miraggi: il vuoto ci prende.
“Toujours merde”, dice Mohamed di Bouja: non lo lasciano mai sorpassare o andare forte. Dopo questo circuito molla tutto e farà il contrabbandiere (dice).
Verso le 11 siamo fermi: due auto hanno sbagliato strada e si stanno ficcando fra le dune sbagliate. Mohamed parte per andarli a riprendere.
C’è un forte vento, anche se i gradi sono più di 20: che arrivi la famosa tempesta? Per ora ha sgombrato il cielo dalle nubi, o quasi. Sono tornati tutti: non ci avevano visti, immersi nel miraggio. E si riparte. Mohamed si insabbia, ma poi si libera e alle 11,40 sosta per il pranzo sopra un sacco di sabbia a Tagrera. Pranzo con salame, ecc. …. E su uno dei roccioni abbiamo trovato delle bellissime scaglie di pietra di tutti i colori. Intorno, da lontano, si vedono le grandi dune.
Al sole si scoppia, ma all’ombra fa freddo. I tuareg si fanno il pane, uno stufato, ci offrono del tè. Angeline, di Amsterdam, mi racconta qualcosa: hàg si dice di un uomo che ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca, o è vecchio e degno di rispetto, hagà di donna.
Trovato scarabeo, che si mangia speck, formaggio e datteri.
Si parte con rimpianto da questo bel posto, ma non c'è tempo per troppo rimpianto, perché il bello si sovrappone al bello, l’impensabile all’impensato, lo splendore alla bellezza. Tutto varia, ma non l’elemento dominante: lo spazio immenso.
E arriviamo abbastanza presto a Tin-Akachakèr: grandi dune con bastionate dalle forme gigantesche e strane, come le due che si fanno l’inchino.
Messi i sacchi su un cucuzzolo, finalmente si decide di sciare. Grande ilarità di Hamed alla vista degli scarponi, risate fragorose del gruppo tuareg quando Hamed estrae il linguettone. Siamo o non siamo pazzi?
Diamo del Brufen al reumatico Bagur. Mohamed vorrebbe sciare, ma per fortuna poi ci rinuncia. Tutti ci facciamo immortalare sulla ripida ascesa sul crinale della duna e sulla più o meno rapida discesa ma la Contax si blocca alla 20° foto e così Doro ha solo una foto in discesa. Io, che strano!, ho un po’ di fifa. Scendo giù per un canalone tra i roccioni e le dune: terrore, mi pare di essere schiacciata da un momento all’altro, ma è divertente da matti scendere di corsa sulla sabbia, mi piace più che sciare.
Montaggio tenda e cena super attrezzata: spaghetti col sugo, misto delle solite pietanze, più (novità) datteri. Liquori, giochini e barzellette.
Nel frattempo, grandiose idee di foto magiche si erano insinuate nella testa dei fotografi ufficiali: Doro fa l’apprendista stregone fra cavalletto, flessibile, luna, doppie esposizioni, pila sulla fronte, filtri sugli obiettivi, duplicatori: è un’euforia generale.
Sono tutti impazziti. In realtà siamo tutti in preda ad una strana euforia da immensità: sì, l’immenso. L’immenso ci trasporta in atmosfere irreali, non siamo quasi più noi, la sabbia, le rocce, la luna, Orione, Cassiopea, le Pleiadi, le stelle…… una strana eccitazione mista a una sonnolenza dolce da stanchezza ed emozioni.
Si fanno le 11 abbondanti (quando mai così tardi?!) e ci ritiriamo dopo discussioni esistenziali con Pic. Poi viene il venticello e mi decido con grande sforzo a uscire dal sacco a pelo per andare a chiudere le borse lasciate aperte. Notte.
C’è un gran vento, ci diranno, ma noi non lo sentiamo. Domattina Pic ci “alzerà” all’alba, per fotografarla.
continua ............
29/12/1984 Sabato
Oggi siamo di nuovo con Mohamed, ma non è più lui: va piano piano e solo ogni tanto supera i 100; in compenso suona, ma piano.
Colazione anche con marmellata e miele, solito casino dei preparativi e dopo le solite due orette siamo pronti per partire verso le 9-9,30. Fermata subito dopo per un bel legno che affiora dalla sabbia, ma è un tronco intero e desistono. Ancora un pezzetto del Tassili dell’Hoggar, con molta bella sabbia e poi comincia un paesaggio ancora diverso, un’enorme spianata.
Ci avviciniamo alle grandi dune e il paesaggio è sempre più piatto, solo qualche contrafforte all’orizzonte, ma aumentano i miraggi: il vuoto ci prende.
“Toujours merde”, dice Mohamed di Bouja: non lo lasciano mai sorpassare o andare forte. Dopo questo circuito molla tutto e farà il contrabbandiere (dice).
Verso le 11 siamo fermi: due auto hanno sbagliato strada e si stanno ficcando fra le dune sbagliate. Mohamed parte per andarli a riprendere.
C’è un forte vento, anche se i gradi sono più di 20: che arrivi la famosa tempesta? Per ora ha sgombrato il cielo dalle nubi, o quasi. Sono tornati tutti: non ci avevano visti, immersi nel miraggio. E si riparte. Mohamed si insabbia, ma poi si libera e alle 11,40 sosta per il pranzo sopra un sacco di sabbia a Tagrera. Pranzo con salame, ecc. …. E su uno dei roccioni abbiamo trovato delle bellissime scaglie di pietra di tutti i colori. Intorno, da lontano, si vedono le grandi dune.
Al sole si scoppia, ma all’ombra fa freddo. I tuareg si fanno il pane, uno stufato, ci offrono del tè. Angeline, di Amsterdam, mi racconta qualcosa: hàg si dice di un uomo che ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca, o è vecchio e degno di rispetto, hagà di donna.
Trovato scarabeo, che si mangia speck, formaggio e datteri.
Si parte con rimpianto da questo bel posto, ma non c'è tempo per troppo rimpianto, perché il bello si sovrappone al bello, l’impensabile all’impensato, lo splendore alla bellezza. Tutto varia, ma non l’elemento dominante: lo spazio immenso.
E arriviamo abbastanza presto a Tin-Akachakèr: grandi dune con bastionate dalle forme gigantesche e strane, come le due che si fanno l’inchino.
Messi i sacchi su un cucuzzolo, finalmente si decide di sciare. Grande ilarità di Hamed alla vista degli scarponi, risate fragorose del gruppo tuareg quando Hamed estrae il linguettone. Siamo o non siamo pazzi?
Diamo del Brufen al reumatico Bagur. Mohamed vorrebbe sciare, ma per fortuna poi ci rinuncia. Tutti ci facciamo immortalare sulla ripida ascesa sul crinale della duna e sulla più o meno rapida discesa ma la Contax si blocca alla 20° foto e così Doro ha solo una foto in discesa. Io, che strano!, ho un po’ di fifa. Scendo giù per un canalone tra i roccioni e le dune: terrore, mi pare di essere schiacciata da un momento all’altro, ma è divertente da matti scendere di corsa sulla sabbia, mi piace più che sciare.
Montaggio tenda e cena super attrezzata: spaghetti col sugo, misto delle solite pietanze, più (novità) datteri. Liquori, giochini e barzellette.
Nel frattempo, grandiose idee di foto magiche si erano insinuate nella testa dei fotografi ufficiali: Doro fa l’apprendista stregone fra cavalletto, flessibile, luna, doppie esposizioni, pila sulla fronte, filtri sugli obiettivi, duplicatori: è un’euforia generale.
Sono tutti impazziti. In realtà siamo tutti in preda ad una strana euforia da immensità: sì, l’immenso. L’immenso ci trasporta in atmosfere irreali, non siamo quasi più noi, la sabbia, le rocce, la luna, Orione, Cassiopea, le Pleiadi, le stelle…… una strana eccitazione mista a una sonnolenza dolce da stanchezza ed emozioni.
Si fanno le 11 abbondanti (quando mai così tardi?!) e ci ritiriamo dopo discussioni esistenziali con Pic. Poi viene il venticello e mi decido con grande sforzo a uscire dal sacco a pelo per andare a chiudere le borse lasciate aperte. Notte.
C’è un gran vento, ci diranno, ma noi non lo sentiamo. Domattina Pic ci “alzerà” all’alba, per fotografarla.
continua ............
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