31-12-2008
Sabato, 2 agosto 1986
Sveglia ancora una volta coll’affanno di far presto, il tizio ci aspetta per farci telefonare.
Intanto una macchina non parte e subito una selva di persone si affolla per dare consigli e proporsi come abili meccanici: uno vuol venderci un prodotto per il radiatore che continua a perdere, un altro vuol lavare il carburatore con la benzina. Andiamo alla Posta, dove incontriamo il tizio che ci farà telefonare. Nel frattempo gli abili meccanici ci hanno seguito, e per liberarcene acquistiamo il prodotto per il radiatore, il cui prezzo è intanto calato della metà.
Riusciamo, dopo numerosi tentativi, a telefonare a Ouagadougou e confermiamo i voli. Poi si verifica lo spiacevole episodio che abbiamo già raccontato. E’ la prima volta nel corso del viaggio che qualcuno tenta di approfittarsi di noi, e ci rimaniamo male. Ma non c’è tempo di pensarci troppo, dobbiamo riparare la macchina. Infine ci riusciamo, ancora una volta la bomboletta Arexon ha fatto il miracolo: era semplicemente l’umidità che era penetrata nello spinterogeno.
Siamo più o meno pronti, e si parte.
Il nostro viaggio ormai ha perso quella sua caratteristica di avventura: da Ouagadougou, nostra meta, ci separano ormai 1300 km. di strada asfaltata, relativamente agevole, salvo allagamenti e accidenti vari, soprattutto alle auto, che ormai non ne possono più. La nostra, ad esempio, consuma l’olio come fosse benzina, ed ad ogni rifornimento dobbiamo provvedere al rimbocco! Gli insabbiamenti sono solo più un ricordo, ma in alcuni punti ora il fango invade la strada, ed è altrettanto duro uscirne. Ma bene o male si va avanti, e la scoperta dei paesi e delle genti che incontriamo rende comunque interessantissima questa parte conclusiva della nostra impresa.
Il paesaggio è sempre più verde, qualche assaggio addirittura di savana, stagni d’acqua, villaggi Bororo (in paglia) e Haoussa (in fango essicato), con granai a forma di salvadanaio. Tanti, tanti bambini.
Incontriamo lungo la strada un gruppo di Bororo. E’ una etnia in cui gli uomini hanno il culto della bellezza, che valorizzano truccandosi, vestendosi con abiti e copricapi multicolori, e ornandosi con gioielli e monili. E’ curioso vedere le movenze gentili, quasi feminee, di questi pezzi di ragazzi che siamo costretti a guardare dal basso, data la loro statura!
“Ogni anno, tra settembre ed ottobre, i Bororo, pastori nomadi di etnia Peul, si radunano nella regione dei pascoli salati in Niger. È l’occasione per celebrare l’annuale rito del Gerewol, una grande festa durante la quale i giovani Bororo danzano per giorni, esibendosi di fronte alle ragazze, in una sorta di competizione di ballo: alla fine infatti le ragazze sceglieranno il compagno preferito. I giovani dedicano un’intera giornata al trucco, molto elaborato ed originale, che insieme all’acconciatura e al costume serve ad accentuare quelle che sono considerate caratteristiche di bellezza presso questa etnia: altezza, lineamenti sottili, pelle chiara, fronte alta, naso allungato, mani e piedi affilati, denti bianchissimi, e ovviamente bravura nella danza. La pelle viene schiarita ricoprendo il volto con della terra rossa, il bianco dei denti viene fatto risaltare dalle labbra annerite col carbone, la fronte resa più alta dalla rasatura dei capelli, mentre in testa viene indossato una sorta di turbante adorno di una piuma di struzzo.”
Per il pranzo, compriamo del pane in un villaggio e ci fermiamo per il pik-nik sotto un grande albero. Renza prepara il suo risottino..... da dividere, a malincuore, con l’altrettanto affamato marito, e, invece, molto volentieri, con la dignitosa mamma con sette bimbi, che ci osserva con curiosità, da sotto l’albero vicino.
Quante cose per noi inusuali vedremo nel corso di quest’ultima parte del viaggio: è una scoperta dopo l’altra, la natura sempre più rigogliosa, i baobab, i termitai altissimi, i villaggi, la gente curiosa e amica (non ci capiamo, ma i sorrisi e gli sguardi superano le barriere linguistiche)!
............................ continua ............................
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