Un bagno, in un lago, nel deserto: un'esperienza indimenticabile.
Avvenne la prima volta nell'85 , in Algeria. Viaggiavamo in camper, a luglio, con una temperatura di quasi 50°, eravamo in prossimità di Touggourt, e sapevamo che nei dintorni esisteva un lago salato. Era salato, d'accordo, ma era pur sempre acqua, e il desiderio di refrigerio era impellente! Non avemmo alcuna difficoltà a trovarlo: appena entrati nell'oasi fummo circondati da uno stuolo di ragazzini che si offrirono di accompagnarci. Non aspettavamo altro. Dopo pochi chilometri, tra dune d'un biancore abbacinante, ecco apparire quello che sembrava un miraggio! Un lago azzurro, incredibile, incastonato in una depressione candida di sale, che, sotto il sole feroce, quasi non riuscivamo a guardare, tanto era abbagliante.
Prudentemente, pensavamo di immergerci con cautela, per evitare possibili congestioni o coccoloni vari, ma, non appena il livello dell'acqua ci arrivò al bacino, un fenomeno inaspettato ci sorprese. Data l'elevatissima salinità dell'acqua, il nostro corpo subì una repentina spinta verso l'alto, per cui i piedi persero il contatto con il fondo e ci ritrovammo sdraiati sull'acqua, galleggiando perfettamente, senza alcuno sforzo, nel fresco (ci parve addirittura gelido) abbraccio delle acque.
Il bagno, indescrivibilmente piacevole, però non durò a lungo, perchè l'acqua che evaporava istantaneamente lasciava sulle parti del nostro corpo che emergevano una crosta di sale, bruciante, tutt'altro che piacevole. Usciti, dopo pochi minuti, sembravamo delle statue di sale. Ma c'erano i nostri accompagnatori che già ci avevano preannunciato un bagno purificatore nell'acqua dolce che veniva utilizzata per l'irrigazione dell'oasi. Acqua fossile, purissima, gelida, che veniva pompata dalle viscere della terra. Altra sensazione indescrivibile.
Insomma, dovevamo fermarci poche ore, ci fermammo un giorno, convinti anche dalle insistenze dei nostri ospiti che ci offrirono, senza volere nulla in cambio, angurie, meloni dolcissimi, tè alla menta squisito, e un'ospitalità commovente.
Ci scambiammo gli indirizzi, noi per spedir loro le fotografie, a cui tenevano molto, e loro per mandarci i loro saluti.
E l'anno dopo ricevemmo, con i loro saluti e il loro ricordo, un pacco di datteri: non erano di una qualità paragonabile a quella a cui siamo abituati noi. Ma io non ne ho mai più mangiato di così dolci: avevano il sapore dell'amicizia.
(foto di Alfio Cioffi, salvo la seconda, scattata da un locale)