Il fennek prigioniero

24-11-2006


Apro una parentesi. Dalla Libia saltiamo all'Algeria, molti anni prima.
Scannerizzando le vecchie diapositive della nostra traversata del Sahara, ho ritrovato le foto di un episodio che ricordo sempre, e che ritengo così bello da desiderare di proporvelo subito, prima ancora di raccontarvi il viaggio che - detto per inciso - riteniamo il più bello e coinvolgente, seppur durissimo, di tutti.

Sapevamo che, nei dintorni di El Oued, in Algeria, i berberi, per arrotondare il loro magro bilancio, catturavano i fennek (piccole volpi del deserto) per venderli ai pochi turisti in transito.

E infatti, ai bordi della strada, ci capitò di trovare un contadino e un ragazzino che offrivano un fennek.




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 Ci fermammo, e la vista di quella bestiolina, pazza di terrore, ci colpì talmente che Bruno, con l'approvazione entusiasta di tutti noi, decise di comprare non la bestiolina, ma la sua libertà.


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Detto fatto, dopo una lunga (ma di prammatica in quei posti) contrattazione, venne deciso il baratto. Alcune magliette, dei jeans, per la libertà del fennek.



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Il tempo di una nostra carezza al corpicino tremante e via:
"Vai, corri, piccola volpe, vai libera nel tuo d
eserto e, furba come sei, non farti più catturare! "




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(foto di Bruno Gentile, Bruno Medico e Alfio Cioffi)



Ritorno all'Akakus

26-03-2007

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Allora, dopo un lungo silenzio, riprendiamo il nostro viaggio in Libia, dall'Acacus, dove eravamo rimasti. Dopo i necessari rifornimenti, acqua e benzina, penetriamo in questa straordinaria pinacoteca.


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Immersione totale, per noi, tra i graffiti e le pitture rupestri. Per voi solo alcune immagini. Ce ne sono talmente tanti che alla fine ne sei saturo. Sono bellissimi, ma, non so perchè, non mi attirano molto. No, forse lo so il perchè: tra le pitture rupestri e lo spettacolo circostante non c'è confronto, almeno per me.




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Nonostante la mia prevenzione, non posso che rimanere ammirato di fronte a certi graffiti: questo elefante, ad esempio, è strabiliante, la sua modernità, la plasticità del movimento. E' difficile pensare che siano trascorsi millenni da quando l'ignoto artista ha inciso quest'opera. Al punto che ho avuto dei dubbi sulla sua autenticità. Mi sono però successivamente documentato e ho visto che l'opera è avallata da tutti gli studiosi. E che dire delle giraffe?


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E di queste gazzelle?


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Tra un graffito e una pittura ci sono anche le sculture: e bisogna riconoscere che la natura ci sa fare anche come scultrice.




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Questi bassorilievi, ad esempio: li trovo bellissimi!




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E arriviamo all'ultimo dell'anno. I tuareg pensano a tutto: per la cena salta fuori un capretto arrosto e noi tiriamo fuori alcune bottiglie di spumante che avevamo tenute nascoste dall'Italia, sfidando il severo divieto che vige nei paesi islamici. E così festa e balli, noi insegnamo la macarena ai tuareg, loro ci insegnano i  loro canti. Loro sembrano dei signori con tradizioni millenarie, noi dei mentecatti col cranio bendato. Che vergogna!! 




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Al mattino, noi, pronti per partire. Loro, beatamente addormentati come ghiri, smaltivano i bagordi della sera precedente. Chi sa vivere, noi o loro?


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Passiamo comunque il tempo aggirandoci nei dintorni, non è tempo sprecato!
In attesa di trasferirci nell'erg d'Ubari, un altro spettacolo straordinario ci attende.
Alla prossima.


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(foto di Alfio Cioffi)



Speranza di pace

08-04-2007

Che la parola possa unire le persone e i popoli: è il pensiero che ha ispirato questo mio quadro.


Speranza di pace


                    Speranza di pace 
                          (Alfio Cioffi, olio su tela, 30 x 40)


E che tutti possano trovare una parola d'amore e di speranza, è il mio augurio per questa Pasqua.